[dal bimestrale di Legambiente Qualenergia, articolo di Gianni Mattioli e Prof. Massimo Scalia (Cirps)] Quasi la citazione del secondo capitolo di un famoso libro, indigesto a molti anche in tempo di quarantena. Eh sì, perché in quei lunghi giorni non era del tutto ozioso cercare di seguire l’andamento dei contagi in Italia e nel Mondo. E per la crescita delle popolazioni, le curve che la descrivono godono di una sorta di “universalità”, sono cioè le stesse che si tratti di piante, animali, uomini e anche dei virus. Quelle curve sono le soluzioni dell’equazione logistica di Pierre F. Verhulst (1838), che correggono la notoria crescita illimitata proposta da Thomas R. Malthus (1803); e guadagnarono una fama mondiale cinquanta anni fa come “regine” dei modelli presentati in “A limit to growth” (vedi Fig. 1).
Sono delle curve di modello con le quali tentare di seguire i dati dei “situation reports” che l’Oms ha presentato ogni giorno a partire dal 21 gennaio. Nel primo Rapporto: 274 contagiati nella provincia cinese di Hubei, 278 per tutta la Cina. L’Hubei, 58,5 milioni di abitanti, è situato nella “Regione Centro Sud”; la sua capitale, Wuhan, ha 11 milioni di abitanti. È questa la realtà demografica per il confronto; ed è l’Hubei che un mese dopo, ormai verso l’asintoto della sigmoide, rappresenta ancora l’83% dei contagiati dell’intera Cina, e il 95,7% delle morti! Significativa la differenza politicoeconomica tra Italia e Hubei: l’Hubei aveva attorno a sé la Cina con quasi tutta la sua attività produttiva, mentre l’Italia aveva l’Europa che, a parte ogni altra considerazione, a metà marzo aveva già più contagiati dell’Italia.
È nel rapporto Oms n. 11 del 31 gennaio che l’Italia compare per la prima volta tra i Paesi colpiti, con i due coniugi cinesi ricoverati allo “Spallanzani”. È però il 22 febbraio, con un balzo a 76 casi, che decolla una crescita del contagio con tassi vertiginosi. Francia e Germania cominceranno la scalata una settimana dopo, con pendenza più blanda. Mentre la Cina ha alle spalle il punto critico, il 7 marzo “esplode” la Spagna, che supera Francia e Germania e procede a ritmo italiano, per impennarsi ancor di più dopo il 20 marzo. Prima però, l’11 marzo, l’Oms ha dichiarato “pandemia” quella del Coronavirus, quando è arrivato in ben 113 Paesi. Il 40% dei contagiati extra Cina si trovano in Italia e il Governo italiano ha già emanato, il 9 marzo, il Dpcm con le prime forti restrizioni. Ne seguiranno altri, con misure sempre più stringenti.
“I dieci giorni che sconvolsero il mondo”
A fine febbraio il panico serpeggiava nelle borse di tutto il mondo e a marzo il mercato finanziario stava lasciando sul campo centinaia di miliardi di dollari. Negli Stati Uniti il Nyt del 20 marzo rinfacciava a Trump: “Stock Market’s Gain Under Trump Vanishes”. Il crash di Wall Street è chiaramente visibile in Fig. 2. A fronteggiare il diffondersi di Covid-19 si erano misurate sino allora due strategie. Quella della “immunità di gregge”, che, nonostante i toni trucidi usati da Johnson in Tv sulle “necessarie” morti di cari anziani, aveva dalla sua alcuni studi scientifici ed esperienze sul campo e, allora, il basso numero di contagiati e il bassissimo tasso di mortalità (1,5%) inglesi. E soprattutto, la difesa dell’economia, anteposta, in una sorta di triage di massa, a “qualche migliaio di morti in più”. L’altra, quella adottata con successo in Cina e poi in Italia, impone fortissime restrizioni alle libertà individuali per limitare il numero di incontri, inevitabilmente correlato al numero di contagi. Di là dalla statistica, la seconda strategia s’impegna a difendere tutti, in particolare gli anziani, anche a costo di rilevantissime difficoltà non solo economiche. A coloro che si erano levati affinché il Coronavirus non giustificasse lo “stato d’eccezione”, l’antico ius stitium romano, può essere ricordato che, se il problema è indubbiamente spinoso, la situazione si era presto rivelata ben più grave e diversa da quella della nota del Cnr del 22 febbraio, dalla quale era nato il dibattito. E lo ius stitium romano – sospensione dei diritti e arruolamento eccezionale per far fronte al nemico alle porte, come oggi col personale sanitario contro l’invisibile virus – prevedeva di essere a termine, proprio per evitare il collasso in una dittatura. Piuttosto, nella lunga “fase due” bisognerà vigilare perché la capillarità dei necessari controlli sanitari non diventi, oltre che sovraprofitti per pochi, una rete da “grande fratello”. Ça va sans dire, infine, che privilegiare la difesa delle libertà individuali comporta l’accettazione della “asimmetrica” guerra economica che i Governi che adottano la prima strategia praticano contro i Paesi loro competitori sul mercato.
Col diffondersi del contagio e l’aumento delle morti, anche l’Inghilterra, che a maggio supererà per morti l’Italia!, abbassa i toni; mentre Francia e Germania, che avevano cavalcato in mezzo alle due strategie, virano sulla seconda opzione. Come già aveva fatto la Spagna, spinta dal drammatico aggravarsi della sua situazione. Il 16 marzo, per limitare la diffusione dell’epidemia tra i Paesi dell’Ue, è sospesa la convenzione di Schöngen.
Se la “compressione sociale” viene in qualche modo sopportata, è il complesso dell’attività produttiva e economica che sempre più preoccupa. Per farvi fronte l’Italia “sfora” il patto di stabilità con un primo pacchetto di 25 miliardi di euro, nel sostanziale consenso dei partner europei. La Lagarde, grifagna, apre bocca in modo così inopportuno da causare un cedimento dei listini in Borsa. Sculacciata dalla von der Leyen, ripara goffamente: i Governi nazionali potranno pompare quanto serve contro gli effetti devastanti del coronavirus e a ciò provvederà, natürlich, la Bce con un’iniezione di liquidità di 750 miliardi di euro. Così il 20 marzo la presidente della Commissione può annunciare la sospensione del patto di stabilità. Silenzioso, ma efficace il ruolo svolto dal Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni.
Arrivano a Milano materiali sanitari e centinaia di medici e infermieridalla Cina, proprio il 18 marzo quando l’Italia la supera per numero di morti (3407 vs 3253). Sempre nella martoriata Lombardia sbarcano il 20 marzo, con buona pace di Salvini, i Medici Senza Frontiere e pochi giorni dopo atterra a Milano la “Brigada Henry Reeve” di 63 medici cubani.
Trump, dopo “tutto sotto controllo” e “il vaccino è in arrivo”, fa una spettacolare inversione di marcia: il 13 marzo è dichiarato, per la prima volta nella storia degli USA, lo stato di emergenza nazionale e l’Amministrazione vara un maxipiano da 2 mila miliardi di dollari, mentre i disoccupati salgono a 22 milioni. Il Congresso approva il 27 marzo e la popolarità di Trump balza al 49%. Verso la rielezione?
Intanto nell’Ue si apre lo scontro sugli eurobond, proposti a muso duro dal governo italiano: “Qui si fa l’Europa o si muore!”, con la consueta opposizione dei virtuosi nordici, olandesi e governatore della banca tedesca, Jens Weidman, in testa. Mario Draghi, quasi al ritmo di “Soldi, soldi”, attacca, felpato ma deciso, Weidman: «la Germania deve investire parte di quel 9% di avanzo primario!». Scende in campo la von der Leyen a difesa del “falco” tedesco, ma il Ministro Gualtieri non esita a dire in conferenza stampa: «La presidente della Commissione sbaglia» e vara il fondamentale decreto per mettere da subito in mano ai Comuni e a chi ne ha più bisogno 4 miliardi di euro. Il 2 aprile la Commissione Ue annuncerà Sure, un primo strumento di solidarietà europea da 100 miliardi per sostenere lavoratori e imprese.
A proposito di Covid-19
Sars-CoV-2, il settimo Coronavirus, da dove è venuto fuori per mettere in ginocchio mezzo mondo? Nel periodo 18-27 ottobre si tengono, proprio a Wuhan, i “2019 Military World Games”, ai quali partecipano 172 militari americani. Sono stati loro a portare il virus confezionato dalla Cia, la loro residenza era a un passo dal mercato del pesce di Wuhan dove si sono manifestati i primi casi! Eh sì, perché si parla anche di un processo d’ingegnerizzazione subito dal virus. Per gli USA questa è una campagna di Putin, soprattutto tramite i social media, per imputare a Cia e Stati Uniti l’estensione alle armi biologiche della guerra commerciale con la Cina. Anche in Iran esponenti politici e religiosi vedono nel Coronavirus parte di un piano d’attacco contro l’Iran e la Cina, ma il Ministro della salute, il medico Reza Malekzadeh, smentisce (Al Arabiya, 13 marzo). Ipotesi, accuse e controaccuse si diffondono velocemente su Internet, insieme, ovviamente, allo sterminato corteo di incontrollati suggerimenti terapeutici.
Maggior interesse va alla risuscitata ipotesi che il virus sia sfuggito anni prima dal laboratorio di Wuhan dov’era “in costruzione”. Di là da valutazioni etiche su un tale tipo di ricerca, un gruppo internazionale di ricercatori, nei giorni più caldi dell’epidemia, confronta il genoma dei sette Coronavirus e conclude: «The evidence shows that Sars-CoV-2 is not a purposefully manipulated virus» (Nature Medicine, March 17, 2020). E anche Fauci, il virologo consulente della Casa Bianca, smentirà l’Amministrazione USA che all’inizio della “fase 2” pretende i danni dalla Cina.
Da qualche tempo convinti della fallacità delle teorie del “grande vecchio”, avanziamo, sommessamente, elementi per una riflessione: le condizioni di arretratezza di parte del mercato agro-alimentare cinese, in un mondo rurale pari al 45% della popolazione (Fao, 2016); la difficoltà del controllo sanitario di miriadi di piccoli produttori e dei loro prodotti, reso più problematico dalle peculiarità della cucina cinese. Problematica è anche una razionalizzazione di quel mercato, che andrebbe a incidere su decine di milioni di persone con costi sociali ed economici enormi…
Il caso Italia
Perché l’Italia ha avuto quasi il triplo di casi dell’Hubei? Si è parlato di ritardi e gravi sottovalutazioni iniziali, quando il contagio cresce esponenzialmente; del depotenziamento della medicina territoriale a favore dell’ospedale, soprattutto privato; del modello Corea del Sud, che si è fermata a undicimila casi in virtù di altre forme di controllo sanitario, oltre al tempestivo e massiccio uso di tamponi. E poi, la vecchiezza della popolazione italiana, mentre l’età media dei contagiati nel mondo era sotto i 50 anni (e la metà dei morti erano da noi ultraottantenni). Perché il tasso di mortalità della Lombardia è stato il più alto al mondo, con gli agghiaccianti convogli militari che trasportavano le bare fuori dalle città? Non tutto è imputabile alla gestione da “Terzo Mondo” di molte Rsa – ancora il “Pio Albergo Trivulzio”, che vergogna! E perché sotto la “linea gotica” i contagiati per abitanti sono poco più di un quinto e i morti un settimo del Nord? Il che comporterebbe una “ripartenza” differenziata, ma politicamente problematica quando sono proprio le Regioni del Nord a strillare di più per la ripresa.
Ci vorranno approfonditi studi sui dati, sull’origine e sui fattori socioeconomici della diffusione della pandemia. Tra questi, il primo che segnala la correlazione tra superamenti del Pm10 e Covid-19 e, riconosciuto il ruolo del particolato atmosferico come vettore efficace anche delle infezioni, afferma: «la specificità della velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier e di boost» (17 marzo 2020, http://www.simaonlus.it/ wpsima/wp-content/uploads/2020/03/Covid-19 Position-Paper). In particolare, la Lombardia è da molti anni in testa per i superamenti dei giorni di “deroga” consentiti, 35, con i record, nel 2019, di Brescia (150 giorni), Milano (135 giorni) e Bergamo (127 giorni). Che dire, poi, dello studio di Harvard sugli USA? Ogni 1μg/m3 in più di PM2.5 aumenta dell’8% il tasso di mortalità da Covid-19! (https://projects.iq.harvard.edu/covid-pm).
Ovunque grandi città deserte, vuota all’Angelus piazza S. Pietro come le piazze del 1° maggio, scuole chiuse, campionati sospesi, saracinesche abbassate di ristoranti e bar, sistemi sanitari allo stremo con medici e infermieri nuovi eroi, il virus rinchiude in casa metà del Pianeta, colpisce per l’80% i Paesi “forti” e supererà 1.500.000 contagiati negli States, dove picchia di più su indigenti e afroamericani. Però, già dopo Pasquetta, con due milioni di influenzati e 140 mila morti, cifre che raddoppieranno, i Paesi più colpiti avevano raggiunto il “gomito” prima dell’andamento asintotico, e un calo della velocità di crescita (Johns Hopkins, Medicine & Nature https://coronavirus.jhu.edu/data/new-cases).
Ci potranno essere, certo, fenomeni di “ritorno”, ma il problema all’ordine del giorno, della lunga “fase 2”, lunga un po’ come l’asintoto, è: come si affronta il dramma intrecciato della crisi economica e sociale, delle necessarie limitazioni alle attività produttive, agli scambi commerciali, ai trasporti, ma anche alla socializzazione e alla mobilità quotidiana? E, ancora sull’economia, il crollo del 7% del Pil mondiale previsto dal Fmi? Il 4 aprile il Financial Times annunciava, a valle del maxipiano USA, «la fine del neoliberismo: ci vuole l’intervento massiccio dello Stato nell’economia e nei servizi». Il 6 aprile il Governo italiano varava il decreto “liquidità”: un impegno senza precedenti in Italia, 200 miliardi per l’accesso al credito garantito dallo Stato attraverso la Cassa Deposito e Prestiti, più altri 200 per il sostegno all’esportazione. E sono in vista varie centinaia di miliardi del recovery fund, come finanziamento comunitario alla ripresa dell’Ue.
Finanza e impresa si attaccano alla mammella dello Stato, ma allora quelle risorse, pubbliche, dovranno realizzare l’interesse generale, non il profitto di pochi. E in una direzione precisa: quella di un “Green New Deal”, come ha richiesto anche Guterres, il segretario dell’Onu, in grado di combattere fragilità e esclusioni sociali, aggiungiamo noi.
Aprile-Maggio 2020